martedì 26 luglio 2011

Da Luglio a Luglio, col bene che ti voglio

Io in quei giorni non c'ero, nell'essere. Io in quei giorni mi esiliai, taciuto.
Possono i kilometri scavare una distanza che non ha dimensione?
Ricordo l'intermittenza di una linea bianca illuminata da due piccoli occhi ciechi e la distratta ricerca di un orizzonte a cui poter aggrappare ancora qualche fradicio sogno. Ricordo e nemmeno è ricordare ma tornare in quel torpore, simile ad un abbandono, ad una rinuncia intrinsechi, tipica di chi si è vissuto troppo nella mente, nel pensare tutto ciò che si è sentito, in un disperato tentativo di filtrare l'universo con il proprio ridicolo setaccio artigianale. L'ironica trappola del fare ciò che non ci è stato chiesto, di correre nella direzione equivocata con la fredezza verso se stessi di un boia mascherato. Cos' erano quei giorni? Mi giunsero notizie confuse, prospettive scarabocchiate da un motorino in corsa in mezzo allo scenario, le notizie quelle certe le avevo abortite rifiutando le iniezioni della prassi. Corse rumore paura, i battiti scanditi dalle pale degli elicotteri, i palazzi i paesaggi familiari trasformarsi in spettatori muti dell'orrore. Una cintura di castità Le era stata posta, una cintura di castità di metallo e cemento, ricoperta da infezioni in tenuta anti-sommossa. Cos'è una città quando non la si può più attraversare? Esiste un capitolo che Calvino abbia dedicato a quel visibile orrore della città? Ci sono tempi di sopsensione, tempi sospesi e ci sono quei tempi che dichiarano ciò che sta succedendo e ciò che avverà, in quei giorni si palesò ciò che era e si raccontarono le trame segrete.
Nelle settimane prima a quei giorni destinati a divenire terribili ed indelebili, già dolore percepivo in quegli assurdi preparativi. Perchè chiudere una città ai cittadini? Perchè allontanare il popolo dai suoi rappresentanti? Ma nemmeno queste erano le domande, perchè queste domande erano già appassite sull'albero della vergogna molto tempo prima. Pensavo d'esser un fantasma e ripetevo a me stesso d'esser sbagliato. Non trovavo posto, ma nemmeno avevo voglia di stare. Intanto con stecche di elettrodo chiudevano gli ultimi varchi ed il proibito diveniva passeggiare, esserci.

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